FAQ Tributario 7

Pubblicato
il 17 Febbraio 2023

7. Svolgo la mia attività come lavoratore autonomo in un paese UE ma lavoro in Italia: posso lavorare da remoto dall’Italia?

Qualora il lavoratore operasse a titolo di lavoratore autonomo, in telelavoro, per ricadere in casistiche internazionali occorre che l’attività sia effettuata da un Paese diverso da quello di residenza. Ipoteticamente, si potrebbe avere una persona residente in Germania, che decide di svolgere la propria attività autonoma, per es., di consulente, dall’Italia, in telelavoro. Anche in questo caso, ciò che rileva è la determinazione della residenza, come specificato sub domanda 1. Tendenzialmente, infatti, un contribuente deve versare le imposte nello Stato di residenza, salvo specifiche deroghe. Per i lavoratori autonomi, in circostanze transnazionali, la disposizione di riferimento è l’art. 7 M-OCSE, secondo il quale, chi svolge professioni di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo e pedagogico, nonché la attività indipendenti di medico, avvocato, ingegnere, architetto, dentista e contabile, viene tassato – di regola – nello Stato di residenza. La lista citata deve intendersi a titolo esemplificativo, potendo ricadervi altre categorie professionali non presenti, ma assimilabili. Il diritto di tassare è riconosciuto allo Stato della fonte, solo in presenza di una cd. stabile organizzazione dell’indipendente in quest’ultimo Stato (nell’esempio, l’Italia). In estrema sintesi, ciò implica che il soggetto disponga in questo territorio di una sede “fissa” da dove svolgere la propria attività principale. La norma è chiaramente inadeguata a disciplinare il fenomeno del telelavoro, che per sua natura si discosta dalla “fissità” dei luoghi (e degli uffici). Tuttavia, dovendo applicare comunque tali disposizioni, la valutazione andrà effettuata caso per caso. Cosa comporta il riconoscimento di una stabile organizzazione in un altro Paese? Tale Paese potrà imporre i redditi che saranno prodotti tramite questa “sede distaccata” sul suo territorio; il resto, invece, resterà di competenza dello Stato di residenza. Non sempre per sede fissa si intende esclusivamente un luogo fisico, ma si può ricadere anche nella fattispecie di cd. stabile organizzazione personale, data da una presenza continuativa ed abituale della persona nel territorio. Le casistiche, però, sono di diversa tipologia e vanno valutate attentamente con l’ausilio di un esperto.  

Ad ogni modo, ciò che rileva, prima di tutto, in caso di attività indipendente, pertanto è: accertare quale sia lo Stato di residenza a fini fiscali, secondo le disposizioni nazionali dei singoli Paesi (nell’esempio, Germania ed Italia). Laddove si rientrasse potenzialmente nello status di residente in entrambi, la questione andrà risolta secondo le cd. tie-break rules di cui all’art. 4 M-OCSE, valutando, cioè, a cascata: 

(i) la disponibilità di un’abitazione permanente, 

(ii) il centro degli interessi vitali e personali, 

(iii) il soggiorno abituale, 

(iv) la nazionalità, 

(v) l’eventuale accordo tra le autorità fiscali competenti.

Spesso, infatti, la permanenza in uno Stato da cui svolgere telelavoro, come detto, può comportare un cambio di residenza ai fini fiscali. Secondariamente, al fine di una corretta applicazione dell’art. 7 M-OCSE, occorrerà verificare in che termini il telalvoro viene svolto (con una sede che può definirsi fissa o meno). Qualora sussistesse una stabile nell’altro Paese, il contribuente sarà tenuto a presentare dichiarazione ed al versamente delle imposte anche in questo territorio, relativamente a quanto ivi prodotto. 

Si ricordi anche che nella maggior parte delle Convenzioni, la norma di riferimento è ancora l’art. 14 M-OCSE, oggi abrogato e sostituito dall’art. 7, che prevede le medesime regole suesposte. 

Quando descritto si applica a prescindere dal fatto che il Paese sia membro dell’UE o meno. L’Unione Europea non ha competenza in tema di imposte dirette che restano regolate dalle norme interne dei singoli Paesi e dalle citate CDI. 

Dott.ssa Francesca Amaddeo